Le investigazioni dipendente infedele sono necessarie per provare la sua condotta scorretta e licenziarlo per giusta causa.
Il dipendente infedele è colui che viola l’obbligo di non concorrenza nei confronti dell’azienda per cui lavora.
Può capitare infatti che atti di concorrenza sleale vengano posti in essere da dipendenti di qualsiasi livello in svariati modi. In generale si può dire che è dipendente infedele colui che viola l’obbligo di fedeltà verso l’azienda, sancito dalla legge (art.2105 c.c.).
Il dipendente di un’azienda è tenuto, giuridicamente parlando, a lavorare con diligenza, lealtà ed onestà e a mantenere un comportamento riservato e leale anche dopo la cessazione del rapporto lavorativo.
Il dipendente infedele è colui che:
● Svolge segretamente un doppio lavoro, magari in nero
● Lavora anche per la concorrenza
● Diffonde all’esterno notizie ed informazioni sensibili
● Si avvale ingiustamente e sistematicamente dei giorni di malattia per svolgere attività nel proprio interesse (assenteismo)
● Danneggia gravemente la reputazione dell’azienda
● Usa impropriamente i beni e gli strumenti aziendali
● Ruba beni aziendali o denaro
● Si avvale illecitamente della L.104/92
● Si assenta dal lavoro senza giustificato motivo.
L’imprenditore, datore di lavoro, che provi l’infedeltà del dipendente, può provvedere al licenziamento per giusta causa. Il licenziamento per giusta causa è un provvedimento legittimo, previsto dalla legge, per tutelare il diritto dell’imprenditore e dell’azienda a non subire le condotte lesive dei suoi interessi, perpetrate dal dipendente infedele.
In altre parole il licenziamento per giusta causa è lo strumento giuridico che il datore di lavoro può utilizzare per sbarazzarsi di un dipendente di cui non si fida più per proteggere la sua azienda.
Il caso tipico ed in forte aumento, in cui si concretizza la condotta infedele del dipendente è l’assenteismo.
L’assenteismo del dipendente consiste nell’abitudine, perpetrata ai danni dell’azienda, del datore del lavoro e anche dei colleghi, di assentarsi dal lavoro o non recarvisi proprio. L’assenteismo è ormai una vera e propria piaga che condanna a danni economici rilevanti le aziende, soprattutto le più piccole, dove, l’assenza anche di un solo dipendente fa la differenza. Di tale condotta lesiva, ne pagano le conseguenze anche i colleghi e gli altri dipendenti poiché sono tenuti a “coprire” le mansioni, lasciate scoperte dal dipendente assente.
Anche l’abuso dei permessi garantiti dalla Legge 104/92 per assistere i familiari disabili rientra tra i casi di infedeltà del dipendente.
Il lavoratore infatti, che si avvale del “permesso 104” per svolgere attività non dedicate all’assistenza del familiare disabile, commette un illecito verso l’azienda e verso l’INPS.
Da una parte infatti, il datore di lavoro in buona fede, accetta e sopperisce all’assenza del dipendente per motivi apparentemente legittimi. Dall’altra, l’INPS indennizza il lavoratore per le ore ed i permessi presi in virtù della legge 104/1992. Chiaro è che se il dipendente infedele abusa dei permessi, priva ingiustamente il lavoratore della sua prestazione lavorativa e percepisce indebitamente quanto la prestazione assistenziale garantitagli dall’INPS.
Una siffatta condotta è ovviamente un illecito e configura una giusta causa di licenziamento anche senza preavviso.
Ricordiamo che durante le ore lavorative in cui il lavoratore sfrutta il permesso di assentarsi dal lavoro grazie alla Legge 104, non può svolgere altre attività eccetto quelle di assistenza al familiare disabile. Il rischio è quello di essere lecitamente licenziato in tronco, oltre alle conseguenze sanzionatorie.
Ma come provare l’abuso dei permessi di cui alla Legge 104? La legge riconosce il potere in capo al datore di lavoro di affidare ad un investigatore privato le indagini per scoprire e documentare il comportamento scorretto del dipendente.
Lo scopo principale di un patto di non concorrenza è quello di impedire a un ex dipendente di lavorare per un concorrente diretto dell’azienda in cui ha lavorato, per un periodo di tempo stabilito.
Tuttavia, il patto di non concorrenza può anche includere clausole che impediscono all’ex dipendente di diventare concorrente dell’azienda in qualsiasi modo. Inoltre, è importante notare che il patto di non concorrenza deve essere redatto in modo chiaro e preciso, in modo che sia giuridicamente valido e applicabile.
Se un patto di non concorrenza viene violato, l’azienda può intraprendere azioni legali contro l’ex dipendente, ma deve dimostrare che il patto era ragionevole e necessario per proteggere i suoi interessi commerciali.
Per questo motivo, molte aziende tendono a essere molto rigide e severe nella redazione di questi contratti, includendo le clausole più sfavorevoli possibile per l’ex dipendente.
Tuttavia, è importante che il patto di non concorrenza non sia eccessivamente restrittivo, altrimenti potrebbe essere considerato contrario al principio fondamentale della libertà di impresa.
Il patto di non concorrenza ha una durata limitata nel tempo: dopo un certo periodo, l’ex dipendente deve essere libero di lavorare per qualsiasi azienda, compresi i concorrenti dell’azienda in cui ha lavorato in precedenza. Infine, è fondamentale che il patto di non concorrenza sia sempre accompagnato da un adeguato risarcimento economico per l’ex dipendente, in modo da compensarlo per il suo obbligo di non lavorare per un certo periodo di tempo.
Cos’è il patto di non concorrenza e perché è così importante nel mondo del lavoro
Il patto di non concorrenza rappresenta un accordo tra datore di lavoro e dipendente che limita la libertà di quest’ultimo di trovare un’occupazione simile a quella appena lasciata. In sostanza, il dipendente si impegna a non lavorare per un concorrente diretto dell’azienda in cui ha appena lavorato, per un determinato periodo di tempo.
Questo accordo è particolarmente importante nel mondo del lavoro perché permette all’azienda di proteggere i propri segreti commerciali e la propria clientela, prevenendo lo spionaggio industriale da parte di dipendenti insoddisfatti o disonesti.
Il patto di non concorrenza deve essere equilibrato e ragionevole, in modo da garantire la libertà di lavoro del dipendente e non ledere i suoi diritti.
In Italia, il patto di non concorrenza deve essere redatto per iscritto e sottoscritto da entrambe le parti.
Inoltre, la durata del patto non può essere eccessiva e deve essere giustificata dalle ragioni di protezione degli interessi legittimi dell’azienda. In caso contrario, il patto potrebbe essere considerato nullo e quindi privo di efficacia legale.
È importante notare che il dipendente ha il diritto di negoziare i termini del patto di non concorrenza, in modo da garantire il rispetto dei propri diritti lavorativi e della libertà di scelta professionale. Inoltre, se il datore di lavoro viola i termini del patto, il dipendente ha diritto a richiedere la risoluzione dell’accordo e il risarcimento dei danni subiti.
Come funziona la clausola di non concorrenza nel contratto di lavoro
La clausola di non concorrenza è un accordo che viene inserito nel contratto di lavoro tra il datore di lavoro e il dipendente, il quale impone al lavoratore di non accettare un lavoro presso un’azienda concorrente per un determinato periodo di tempo. Questo tipo di patto viene spesso utilizzato quando il dipendente ha accesso a informazioni confidenziali dell’azienda in cui lavora, come segreti commerciali o informazioni sui clienti. L’obiettivo della clausola è quello di proteggere l’azienda da eventuali concorrenti che potrebbero cercare di sfruttare queste informazioni a loro vantaggio. È importante notare che la clausola di non concorrenza deve essere equilibrata e ragionevole, e non andare contro i diritti del dipendente di lavorare e guadagnarsi da vivere. In caso contrario, potrebbe essere considerata nulla e non vincolante dalla legge.La clausola di non concorrenza è un aspetto importante da valutare nel contratto di lavoro, sia per il datore di lavoro che per il dipendente. Il lavoratore deve essere consapevole delle conseguenze che questa clausola potrebbe comportare sul suo futuro professionale. Se accetta di firmare l’accordo, dovrà fare attenzione a non violarlo in alcun modo per evitare di incorrere in sanzioni o azioni legali da parte del datore di lavoro.
Tuttavia, se il dipendente non ritiene equilibrata o ragionevole la clausola, ha il diritto di negoziarla o di rifiutarsi di firmare il contratto. Inoltre, è importante che il datore di lavoro fornisca informazioni dettagliate sulla natura della clausola al dipendente, in modo che possa prendere una decisione consapevole.
Le conseguenze legali di violare il patto di non concorrenza con il datore di lavoro
Il patto di non concorrenza rappresenta un accordo vincolante tra il dipendente e il datore di lavoro.
Nel caso in cui il dipendente violi tale patto, potrebbe essere soggetto a conseguenze legali. Infatti, la violazione della clausola di non concorrenza potrebbe causare danni all’azienda, come la perdita di clienti o la divulgazione di informazioni riservate, e quindi comportare una richiesta di risarcimento danni. Inoltre, il dipendente potrebbe essere soggetto a sanzioni disciplinari, come la revoca di eventuali benefit o la risoluzione del contratto di lavoro.
Pertanto, è importante che il dipendente sia consapevole delle conseguenze legali di violare il patto di non concorrenza e rispetti gli accordi presi con il datore di lavoro.
In caso contrario, il dipendente rischia di compromettere la propria reputazione professionale e di essere messo in cattiva luce nel mondo del lavoro.
È fondamentale che il patto di non concorrenza sia chiaro e preciso, specificando tutte le condizioni dell’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Inoltre, è importante che il dipendente controlli attentamente il patto prima di firmarlo, per evitare eventuali incomprensioni o sorprese sgradite in futuro.
In alcuni casi, il patto di non concorrenza può rappresentare un ostacolo importante per il dipendente nell’avanzamento della propria carriera, impedendogli di accettare offerte di lavoro allettanti. Tuttavia, è essenziale valutare attentamente le proprie opzioni e cercare di trovare un accordo che soddisfi sia le esigenze del dipendente che quelle dell’azienda.
Come i dipendenti possono proteggere i propri diritti durante il patto di non concorrenza con il datore di lavoro
Il patto di non concorrenza è un accordo che vincola il dipendente ad astenersi dal lavorare per la concorrenza o creare una sua attività simile a quella dell’azienda per un certo periodo di tempo dopo la fine del rapporto di lavoro. Tuttavia, è importante che i dipendenti siano consapevoli dei loro diritti durante l’accordo. Ad esempio, il patto di non concorrenza deve essere chiaro e ragionevole nella durata e nell’ambito territoriale. Inoltre, il dipendente deve essere adeguatamente retribuito durante il periodo di non concorrenza. In caso di violazione del patto, il dipendente ha il diritto di contestare la validità dell’accordo, ad esempio se non è stato informato adeguatamente o se il patto è stato imposto in modo coercitivo. Pertanto, è importante che i dipendenti siano consapevoli dei propri diritti e consultino un avvocato specializzato in diritto del lavoro prima di firmare un patto di non concorrenza.
Inoltre, prima di accettare un patto di non concorrenza, il dipendente deve essere informato su quante aziende sono considerate concorrenti e a quale tipo di attività commerciale l’accordo si applica. In ogni caso, è importante tenere presente che il patto di non concorrenza non può impedire al dipendente di lavorare in un settore diverso o di avviare una nuova attività imprenditoriale, purché non violi gli accordi presi con l’azienda. In caso di dubbi o incertezze, il dipendente è sempre libero di chiedere una consulenza legale per avere maggiori chiarimenti e garantirsi una posizione più solida e protetta. In sintesi, il patto di non concorrenza è uno strumento legittimo utilizzato dalle aziende per evitare la concorrenza sleale ma deve essere sempre equilibrato e rispettoso dei diritti dei dipendenti.
Il patto di non concorrenza può offrire vantaggi sia ai dipendenti che ai datori di lavoro, ma presenta anche alcuni svantaggi.
Per i dipendenti, il patto di non concorrenza può offrire sicurezza lavorativa e protezione dai concorrenti, garantendo un periodo di tempo in cui l’ex dipendente non può lavorare per un concorrente della precedente azienda. Tuttavia, può limitare la libertà professionale del dipendente, impedendogli di trovare un lavoro simile in un determinato settore per un periodo di tempo prestabilito.
Per i datori di lavoro, il patto di non concorrenza può proteggere la loro proprietà intellettuale e clientela. Tuttavia, può essere difficile da applicare e far rispettare, in quanto richiede un controllo accurato della concorrenza e della violazione del patto da parte dell’ex dipendente. Inoltre, può essere oneroso per l’azienda, in quanto deve retribuire adeguatamente il dipendente durante il periodo di non concorrenza. In generale, il patto di non concorrenza è un accordo che deve essere valutato attentamente da entrambe le parti, tenendo in considerazione i suoi vantaggi e svantaggi.
Con l’obiettivo di evitare situazioni problematiche, l’Agenzia Investigativa EA Intelligence si accerta della corretta osservanza dei patti di non concorrenza concordati. Qualora vi sia il sospetto di violazione da parte di un impiegato, interveniamo per identificare il trasgressore e porre fine alle azioni fraudolente.
EA Intelligence, da più di 30 anni, svolge indagini in ambito aziendale a tutela del patrimonio dell’impresa. Investigazioni di questo tipo permettono al titolare d’azienda di conoscere se i dipendenti infedeli stiano danneggiando gli interessi aziendali con la loro condotta illecita e sleale.
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